Tutto pronto per la 14esima edizione degli Stati Generali delle green economy 2025, evento annuale nell’ambito di Ecomondo e punto di riferimento per i protagonisti dell’economia di domani – decarbonizzata, circolare, capace di ripristinare il capitale naturale.
Il focus di quest’anno sarà ‘La green economy europea nel nuovo contesto globale’ che farà anche il punto sullo stato di salute dei settori della green economy. Fra questi il tema della biodiversità in Europa, che insieme al collasso degli ecosistemi, è al secondo posto fra i maggiori rischi percepiti, entro i prossimi 10 anni, secondo quanto emerge dal Global Risks Report 2025.
Un rapporto del 2024 dell’Agenzia europea per l’ambiente mostra che solo il 15% degli habitat europei è in ‘buono’ stato, il 4% è in uno stato “scarso”, il 36% è in stato ‘cattivo’ (il 45% non è classificato per mancanza di studi). Per quanto riguarda le specie presenti in Europa solo il 27% ha un buono stato di conservazione e solo il 6% mostra una tendenza al miglioramento.
L’Unione Europea ha raggiunto il 26% di area terrestre protetta e il 12% di aree marine protette. Il progresso complessivo delle aree protette è lento, però e la velocità con la quale aumentano e dovrà più che raddoppiare rispetto a quella degli ultimi 10 anni per raggiungere l’obiettivo del 30% entro il 2030. La connettività forestale, un indicatore dello sviluppo territoriale delle reti ecologiche (fondamentali per la biodiversità), nel 2021 nell’Unione Europea era dell’80,6%, con una diminuzione dello 0,8% rispetto al 2018. Da questi indicatori, insieme al consumo di suolo che non si arresta, risulta chiaramente che l’Unione Europea non è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi di tutela della biodiversità.
Le ragioni delle difficoltà e dei ritardi sono abbastanza chiare: la crisi climatica, il modello lineare e dissipativo di crescita economica e le pressioni tradizionali dell’urbanizzazione diffusa e di un certo modello di agricoltura industriale, ancora diffuso. Nel 2024, l’Unione Europea ha adottato misure significative per la biodiversità, in particolare la Nature Restoration Law, la cui applicazione diventa quindi essenziale per la tutela e il ripristino del capitale naturale e di servizi ecosistemici essenziali per il benessere e lo sviluppo dell’Europa e rappresenta un passaggio importante per la transizione ecologica del vecchio continente.
“Una retromarcia nelle misure per la tutela e il ripristino del capitale naturale non conviene nemmeno dal punto di vista economico – dice Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – Una parte importante delle attività economiche è, infatti, indirettamente legata o direttamente dipendente da servizi ecosistemici, forniti dal capitale naturale: dalle attività agro-alimentari a molte attività turistiche, dalla pesca alla disponibilità di acque di buona qualità, dall’uso del legno e di altri materiali naturali impiegati in molti settori produttivi, fino alla stabilità e qualità dell’assetto del territorio, necessarie per ospitare infrastrutture e insediamenti”.



