Il 4 novembre, nella sessione di apertura degli Stati Generali verrà presentata la Relazione sullo stato della Green Economy 2025, che, oltre ai dati aggiornati sulle tematiche strategiche della green economy in Italia, proporrà un focus che fa il punto sullo stato e le prospettive della transizione ecologica europea, nel nuovo scenario internazionale caratterizzato dalla retromarcia radicale sul clima e l’ambiente del Presidente Trump e dal forte sviluppo delle produzioni e delle esportazioni green della Cina.
Unione Europea, Stati Uniti, Cina tra freni e accelerazioni
Gli Stati Uniti sono il maggiore produttore mondiale di petrolio, il maggiore esportatore mondiale di gas e grandi consumatori di combustibili fossili. I consumi di gas negli Stati Uniti sono cresciuti da 678 miliardi di metri cubi nel 2010 a ben 940 miliardi di metri cubi nel 2023: il triplo di quelli dell’Unione Europea che ha 111milioni di abitanti in più. La retromarcia sulle misure climatiche del Presidente Trump, sostenuta dai consistenti interessi americani dei fossili, ha però basi fragili perché la crisi climatica non è un’opinione e colpisce anche gli USA e perché espone l’economia americana ai costi aggiuntivi di una rincorsa che sarà necessaria per recuperare i ritardi generati oggi.
La Cina, nonostante sia ancora il principale emettitore mondiale di gas serra, rappresenta oltre il 40% della capacità installata globale di energia eolica e solare fotovoltaica, produce più della metà delle auto elettriche presenti oggi sui mercati del mondo e oltre l’80% di moduli solari fotovoltaici e di celle per batterie di veicoli elettrici. Le esportazioni cinesi in Europa, in forte crescita, possono da una parte consentire alla cittadinanza e alle imprese europee di accedere a prodotti di buona qualità e prezzi contenuti e, dall’altra, possono mettere in difficoltà produzioni europee grazie ai consistenti aiuti di stato cinesi e a norme ambientali meno efficaci, che consentono, per esempio, ancora un uso massiccio di carbone per produrre elettricità.
L’Europa, particolarmente esposta e vulnerabile agli impatti della crisi climatica, importatrice di costose grandi quantità di petrolio e di gas, ha un interesse strategico alla decarbonizzazione ed ha raggiunto risultati importanti: tra il 1990 e il 2023, per esempio, ha ridotto le emissioni di gas serra del 37% e nel 2024 ha generato il 47,4% dell’energia elettrica con le rinnovabili (nel giugno del 2025 le rinnovabili hanno superato il 50% della produzione europea di elettricità). Il 2024, in particolare, ha segnato un nuovo record di incremento annuo della produzione di elettricità da fonte solare nella UE, +22% rispetto al 2023, portando la produzione totale del fotovoltaico a 300 TWh.
“Una recente indagine di Eurobarometro, in linea con altre rilevazioni, ha registrato che ben l’85% dei cittadini europei ritiene che il cambiamento climatico sia un problema importante e che il 77% ritiene che i danni che provoca siano superiori agli investimenti necessari per la decarbonizzazione – osserva Edo Ronchi, Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile che presenterà la Relazione introduttiva – Visti questi livelli di consenso come mai si registra in Europa un’offensiva eco-scettica? Un’ampia indagine pubblicata su ‘The Guardian’ documenta che la larga maggioranza favorevole a combattere la crisi climatica, rimane una ‘maggioranza silenziosa’ perché ritiene che le altre persone non siano ugualmente interessate e si sente quindi una minoranza”.



