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Questo Manifesto è stato elaborato e scritto nell’ambito di un Gruppo di lavoro degli Stati Generali della green economy 2016. La green economy rappresenta per l’architettura e l’urbanistica una scelta di fondo, imprescindibile e necessaria per trasformare le sfide – ecologiche e climatiche, ma anche economiche e sociali – in straordinarie occasioni di rilancio e riqualificazione delle città in Italia.

I PUNTI DEL MANIFESTO “LA CITTÁ FUTURA”

Le città hanno segnato successi e crisi delle civiltà. Sono i luoghi dove non solo vive la gran parte della popolazione, ma dove si trovano, insieme, le maggiori contraddizioni e le più feconde potenzialità di cambiamento.

Lo straordinario patrimonio storico e architettonico delle città e dei piccoli borghi dell’Italia, la bellezza e la varietà del suo territorio, la ricchezza del mosaico dei suoi paesaggi e della sua biodiversità, insieme alla non più rinviabile necessità di affrontare e superare i rilevanti fattori di degrado ambientale e sociale, di cambiamento climatico in atto, di elevato rischio sismico e di crescente rischio idrogeologico, costituiscono i riferimenti imprescindibili per ogni progetto e intervento nelle nostre città.

Decenni di espansione edilizia – troppo spesso di bassa qualità e con rilevanti impatti ambientali – i ritardi accumulati, a fronte dei numerosi cambiamenti intervenuti e delle nuove possibilità offerte dalle reti, dalle connessioni e dallo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e gli scarsi risultati ottenuti nella pianificazione territoriale e nella gestione urbanistica, sollecitano una profonda riflessione.

Il modello di sviluppo e di crescita incontrollata delle città dell’ultimo secolo appare inadeguato ad affrontare i nuovi problemi e le nuove sfide: dal peggioramento della qualità della vita e dell’ambiente urbano, all’avanzare della crisi climatica, alla compromissione del capitale naturale, insieme alla crisi prolungata dello sviluppo locale, con alti tassi di disoccupazione, specie giovanile, e con una crescente difficoltà a promuovere coesione ed inclusione sociale, in particolare della popolazione di recente immigrazione.

Per affrontare sfide di tale portata l’architettura e l’urbanistica possono avere un ruolo centrale, purché siano dotate sia di visione e consapevolezza delle problematiche della nostra epoca, sia di capacità di sviluppare e utilizzare ricerca e conoscenza insieme alle migliori tecnologie e pratiche disponibili.

In tale contesto la green economy rappresenta per l’architettura e l’urbanistica una scelta di fondo, imprescindibile e necessaria per trasformare le sfide – ecologiche e climatiche, ma anche economiche e sociali – in straordinarie occasioni di rilancio e riqualificazione delle città.

I consumi di energia degli edifici e delle città sono troppo elevati e ancora costituiti per la gran parte da fonti fossili. Gli impatti ambientali generati dai sistemi urbani, sia per il consumo di risorse naturali sia per la generazione di inquinanti dannosi per l’uomo e per il clima, non sono limitati ai loro confini ma sono ben più ampi.

Il cambiamento climatico, la principale sfida globale della nostra epoca, è in atto e continuerà a produrre effetti rilevanti sulle nostre città, che da una parte dovranno essere rese più resilienti pianificando e attuando politiche e misure di adattamento; dall’altra dovranno svolgere un ruolo di nodi strategici per attuare efficaci politiche di mitigazione climatica, puntando al taglio drastico delle emissioni di gas serra.

Per attuare efficaci politiche di adattamento è determinante il processo di conoscenza dei caratteri ambientali alla scala locale e la messa in atto di appropriate azioni e interventi di riqualificazione bioclimatica e tecnologica, con l’obiettivo primario della riduzione della vulnerabilità dei sistemi urbani agli eventi atmosferici estremi, alle precipitazioni brevi ma straordinariamente intense, al moltiplicarsi delle isole di calore. L’aumento della capacità di resilienza degli edifici richiederà di massimizzare l’impiego dei sistemi bioclimatici di ventilazione naturale, di raffrescamento passivo e di protezione solare, che produrranno anche un aumento del comfort e del benessere ambientale per tutti gli utenti.

Ai fini della mitigazione climatica in edilizia e urbanistica nei diversi usi, deve fare ancora molti passi l’innovazione della progettazione tecnologica e della gestione energetica per la riduzione dei fabbisogni di tutti gli edifici e per il perseguimento della massima efficienza energetica di tutti i tipi di fabbricati nella loro interezza, ricorrendo sistematicamente alle diagnosi energetiche, e monitorando periodicamente le prestazioni in termini di consumi, rendimenti, efficienze.

Rilevanti possibilità di riduzione del fabbisogno e di innovazione del modello energetico in architettura sono offerte dai sistemi di controllo intelligente domotico-telematico e di building management, dalla diffusione dell’impiego dei sistemi bioclimatici passivi, dall’uso dei sistemi attivi e di illuminazione ad alta efficienza, dalla riduzione dell’incidenza dell’energia nell’impiego di materiali, componenti e sistemi tecnologici. Centrale è l’obiettivo di passare dal modello di edificio ad energia quasi zero (nearly zero energy building), a quello di energia zero (net zero energy building), a quello di energia positiva (positive energy building), per i quali è strategico il ruolo integrato nell’architettura delle fonti energetiche rinnovabili. Le città devono dare grande impulso all’impiego estensivo e generalizzato dei sistemi di generazione e accumulo da tali fonti energetiche e allo sviluppo di reti intelligenti per una loro distribuzione flessibile e adattabile nel tempo.

La ricerca di risposte efficaci alla sfida climatica, decisiva per il futuro delle città, è per l’architettura e l’urbanistica una straordinaria occasione di innovazione e sviluppo.

La crescita tumultuosa e incontrollata delle città, alimentata dalla speculazione edilizia e dalla valorizzazione della rendita urbana, così come da una insufficiente consapevolezza ecologica, non è più sostenibile: genera costi ambientali elevati e compromette aspetti rilevanti della qualità e vivibilità delle città e del loro futuro.

Troppo spesso le soglie di sicurezza per la salute nella qualità dell’aria, dell’acqua e dei suoli sono superate; la disponibilità di acqua in quantità e qualità adeguate non sempre è assicurata per tutti; le reti idriche sono carenti e la depurazione degli scarichi insufficiente; il consumo di risorse naturali nelle costruzioni è elevato, così come ingenti restano le quantità di rifiuti prodotte, con ritardi nel riciclo in particolare degli inerti da costruzione e demolizione.

Per contrastare il degrado ambientale occorre ripartire dalla qualità ecologica delle città: investire nel capitale naturale, tutelare e ripristinare le reti ecologiche, promuovere le infrastrutture verdi, rigenerare la produzione agricola nei contesti periurbani, salvaguardare le risorse idriche, aumentare l’efficacia dell’uso delle risorse, puntare su una mobilità più sostenibile e applicare strumenti e modelli più efficienti, nel monitoraggio e nella verifica degli impatti.

L’edilizia, supportata da una maggiore qualità tecnica e capacità di analisi dei cicli di vita dei propri processi produttivi e dei manufatti che realizza, deve dare impulso a una nuova fase di sviluppo diventando protagonista di un modello circolare di economia che minimizza il prelievo di risorse naturali, attua demolizioni selettive, punta sul recupero, il riciclo e il riuso dei materiali, accorcia e rende più efficienti le filiere produttive, elimina l’impiego di componenti e sostanze pericolose, sviluppa l’utilizzo di materiali ecologici, abbatte i consumi di energia e di emissioni nocive e ottimizza l’utilizzo e il risparmio delle risorse idriche. L’utilizzo di sistemi di valutazione e certificazione ecologica e ambientale degli edifici basati su standard avanzati dei progetti, dei materiali, delle realizzazioni e delle gestioni, e controllati da soggetti indipendenti qualificati, va esteso per promuovere miglioramenti delle imprese e per orientare il mercato consentendo scelte informate e consapevoli dei cittadini.

Troppo a lungo lo sviluppo edilizio e la pianificazione urbanistica hanno sottovalutato la necessità e l’urgenza di una svolta profonda nella mobilità urbana che genera inquinamento dell’aria, rumore e congestione del traffico. L’uso, la circolazione e l’occupazione di spazi pubblici con auto private in città vanno contrastati, così come va fortemente incentivata la mobilità pubblica su ferro e quella di tipo ciclo-pedonale, con adeguata rete di percorsi e piste ciclabili protette e con ricorso a mezzi ecologici e a sistemi collettivi, condivisi e pubblici.

Lo sviluppo delle aree pedonali, chiuse al traffico veicolare privato, va esteso, progettato e utilizzato quale occasione di sviluppo di servizi e di attività esistenti e aggiuntive e soprattutto come spazio di maggiore incontro e socialità, ingredienti essenziali per il perseguimento della bellezza e della qualità della vita nelle città.

Le città sono e saranno i luoghi principali, con crescente importanza nel contesto globalizzato, del mantenimento, della cura, dell’arricchimento dei patrimoni culturali, storici, archeologici, architettonici e artistici. Tali patrimoni costituiscono un capitale culturale di valore non solo per l’identità locale, ma per l’umanità intera. Sono indispensabili per la qualità e la bellezza delle città, per la vivibilità, il benessere, l’accoglienza e per la qualità di interi territori. Sono alla base di importanti attività economiche connesse con il turismo, ma anche per la qualificazione e l’attrattività delle città e di tutte le attività economiche che esse ospitano.

Maggiore cura va dedicata, in via preliminare, alle attività ordinarie di buona gestione che hanno un peso rilevante per qualità, bellezza e vivibilità delle città: dalla accurata pulizia di tutte le strade a quella delle facciate degli edifici, dalla attenta manutenzione di parchi, giardini e arredo urbano alla conservazione e all’incremento di alberature di vie e piazze, fino a ben progettati e ben funzionanti sistemi di illuminazione.

Nelle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale si sono formate professionalità ed esperienze di grande rilievo, sia nel recupero dei centri storici delle città che in quello dei borghi storici minori, che non solo non vanno indebolite, ma vanno mantenute, rafforzate e arricchite. Per contro è stata debole la capacità di mantenere nella progettazione urbana e architettonica la volontà di integrare e di estendere i livelli di qualità all’altezza del patrimonio ereditato all’insieme dei tessuti urbani e dei territori.

I futuri interventi sul patrimonio edilizio esistente dovranno evitare gli errori del passato ed essere accompagnati da attenti programmi di riqualificazione urbanistica e architettonica. Il meno va colto come occasione per fare meglio. La bellezza e la qualità architettonica non vanno considerati beni di lusso. Buone tecniche e buone pratiche di recupero del patrimonio edilizio esistente, insieme a politiche di credito agevolato, di incentivazione fiscale e di contrasto delle rendite, consentirebbero di rendere accessibili gli edifici di qualità anche per cittadini a basso reddito, con contenuti costi di intervento e bassi costi di gestione.

Si può e si deve far fronte al fabbisogno di abitazioni e di servizi senza farlo diventare strumento per nuovi sviluppi speculativi, come quelli che hanno portato all’edificazione di enormi volumetrie, brutte e di pessima fattura, rimaste spesso vuote o dismesse dopo pochi anni. E’ tempo per più accorte politiche pubbliche e per imprenditori lungimiranti capaci di fare profitti con attività edili sostenibili e di elevata qualità ecologica.

Il futuro delle nostre città si fonda su una iniziativa di radicale rigenerazione urbana, di sistematica manutenzione, di recupero, riqualificazione, riuso e riciclo del patrimonio esistente, delle aree periferiche, dei tessuti urbani non pianificati, delle aree deindustrializzate, delle zone militari non più utilizzate, delle aree ferroviarie e portuali non più attive, delle molteplici aree di risulta prodotte dalla crescita caotica della città contemporanea, delle aree agricole periurbane non più coltivate.

Tali aree e costruzioni sono parti cospicue delle città che, da fonte di degrado, superando la prassi degli interventi frammentati e dei recuperi puntuali, possono diventare fulcri di un sistema di progetti integrati di rigenerazione urbana, alternativo ad un modello espansivo di bassa qualità, ormai superato.

La rigenerazione urbana è efficace strumento di conversione ecologica delle città purché non si limiti al riutilizzo e al riciclo dei “rottami” urbani, sia accompagnata dal sostanziale blocco del consumo di nuovo suolo non urbanizzato e dal soddisfacimento di nuova domanda abitativa con il riutilizzo di aree dismesse già urbanizzate e di edifici esistenti.  

La rigenerazione urbana e la riqualificazione del patrimonio esistente sono un’occasione storica affinché la – non più rinviabile – messa in sicurezza delle città a maggiore rischio idrogeologico (con pericolo di alluvioni e frane) e sismico non sia basata su interventi episodici, inadeguati e scoordinati, o solo successivi agli eventi catastrofici, ma sia sistematicamente inserita in un programma integrato di prevenzione che valorizzi l’intero ciclo di vita dei sistemi insediativi e punti, insieme, alla sicurezza e alla qualità delle città.

In un contesto di scarsità di risorse pubbliche vanno utilizzate meglio quelle disponibili e attivate risorse aggiuntive ai vari livelli – nazionale, regionale ma anche europeo -, nonché reperibili con la fiscalità locale. Solidi progetti di rigenerazione urbana, di riqualificazione e di manutenzione del patrimonio esistente possono, inoltre, promuovere interventi in grado di coinvolgere finanziamenti privati.

Un progetto di rigenerazione urbana richiede l’aggiornamento della strumentazione della pianificazione urbanistica, delle procedure autorizzative, della aggiudicazione e realizzazione degli interventi, in modo da accelerare il processo decisionale, rendere gli obiettivi più chiari, coerenti e vicini ai cittadini, utilizzando le tecnologie oggi disponibili per favorire la massima trasparenza e una maggiore partecipazione.

Va incoraggiata e rafforzata la spinta in atto, recepita nell’ordinamento di diversi Paesi, verso gli “Appalti pubblici verdi” (Green Public Procurement) che applica un fondamentale principio: le Amministrazioni pubbliche ai vari livelli devono dare il buon esempio. L’adozione di “Criteri Ambientali Minimi” (CAM) che si va affermando in diversi appalti pubblici deve diventare più vincolante e più incisiva, con criteri ecologici avanzati, sia per la pianificazione urbanistica, sia per ogni tipo di intervento in edifici pubblici: tanto per la riqualificazione di quelli esistenti quanto per tutti i nuovi.

Programmi pluriennali di riqualificazione energetica, ecologica e bioclimatica di tutto il vasto patrimonio di edifici pubblici – da quelli delle sedi delle Pubbliche amministrazioni a quelli scolastici e universitari, da quelli delle strutture ospedaliere e sanitarie a quelli delle forze di sicurezza e armate – benché promossi da normative europee – sono praticati in modo ancora ridotto e insufficiente poiché si tende a sottovalutarne i benefici. Sarebbero in grado invece di costituire un formidabile volàno per lo sviluppo di tecniche, di investimenti e di imprese qualificate e specializzate, con importanti ricadute occupazionali.

Particolare attenzione va dedicata alla qualità degli edifici pubblici scolastici e universitari, puntando sul loro rilievo anche formativo e didattico, sulla sperimentazione di soluzioni avanzate e flessibili nella progettazione e nell’uso degli spazi e sullo straordinario ruolo di esempio che tali interventi eserciterebbero nel processo di cambiamento della nostra società.

La qualificazione ambientale di edifici pubblici, esistenti o nuovi, dovrebbe essere utilizzata per realizzare progetti basati sull’approccio del ciclo di vita (life cycle thinking), fortemente innovativi, capaci di affrontare i processi di trasformazione dell’ambiente costruito dalla scala dell’edificio a quella della pianificazione urbana in una visione integrata, e di sperimentare nuove tecniche, nuovi materiali, sistemi di gestione informatizzati, considerando e migliorando, insieme, le prestazioni sociali ed economiche, i flussi di risorse e gli impatti ambientali lungo tutte le fasi del ciclo di vita.

L’approccio del ciclo di vita, quale elemento fondante di un’economia circolare, deve caratterizzare i processi, i prodotti e i servizi dell’urbanistica e dell’edilizia, a partire da quella pubblica. Tale approccio comporta una valutazione dei costi e dei vantaggi economici, diretti e indiretti, anche a medio e lungo termine, riducendo l’esposizione ai rischi di logiche speculative basate solo sulle convenienze di breve termine, con una maggiore capacità di creare sinergie fra investimenti pubblici e privati e di coinvolgimento del sistema bancario in investimenti per interventi di buona qualità ecologica ed energetica.

L’urbanistica e l’architettura devono ritrovare nuovo slancio nel progettare un futuro migliore e desiderabile per le nostre città. L’integrazione fra qualità ecologica, sociale ed economica delinea l’unica via possibile per un futuro sostenibile. La pianificazione e la progettazione devono prestare la massima attenzione a tale indissolubile intreccio, decisivo per il futuro delle città.

La città che guarda al futuro deve potenziare le reti e le connessioni, promuovere la ricerca e l’eco-innovazione, sperimentare la formazione e la diffusione dei programmi e delle applicazioni, per essere un nodo attivo dell’economia della conoscenza e della sostenibilità.

Gli edifici devono essere di alta qualità ambientale, a ridotta impronta ecologica, a emissioni zero, a comportamento bioclimatico, a bassissimo fabbisogno di risorse ed esclusivamente alimentati con fonti energetiche rinnovabili. Le città devono essere libere dall’uso invasivo dell’auto privata e i sistemi di mobilità profondamente diversi e sostenibili.

La gestione dei rifiuti va inserita in un modello circolare di economia che minimizzi il prelievo di risorse materiali ed energetiche, punti sulla prevenzione e la riduzione, massimizzi il riuso e il riciclo, azzeri gli sprechi e gli smaltimenti.

Le aree periurbane vanno gestite come cinture di cuscinetto ecologico per frenare l’espansione edilizia e azzerare il nuovo consumo di suolo, per migliorare la biodiversità e promuovere i servizi ecosistemici, e per sviluppare sistemi di produzioni agricole a filiera corta.

Vanno aumentati – e va loro dedicata maggiore attenzione e cura – gli spazi aperti e verdi, le piazze e in genere i luoghi di incontro e di aggregazione, con arredi, servizi, ricerca della qualità bioclimatica e del comfort ambientale, modalità di gestione che favoriscano benessere fruitivo, socialità, coesione e inclusione, non solo nei centri storici, ma anche nelle zone periferiche.

La presenza di una quota significativa di popolazione immigrata, con diverse religioni e culture, è un dato rilevante per il futuro delle città: va pianificata e gestita con realismo e spirito di accoglienza, puntando ad evitare che si formino sacche di illegalità, e promuovendo disponibilità abitative caratterizzate da bassi costi e, quando necessario, dalla temporaneità e reversibilità degli utilizzi. Vanno altresì creati luoghi di incontro e aggregazione che favoriscano buone e durevoli relazioni locali. Il coinvolgimento programmato delle comunità e dei migranti nella riqualificazione, nel recupero e nel riuso di immobili e di spazi degradati, deve contribuire a prevenire situazioni di emergenza abitativa non solo per i migranti ma anche per la parte delle comunità locali a più basso reddito.

Rafforzare i processi di inclusione sociale è necessario non solo per rendere le città più etiche, ma per costruire un futuro migliore, più sicuro e desiderabile per tutti.

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